Secondo i dati diffusi dalla Motorizzazione Civile, le auto elettriche circolanti in Italia al 31 maggio sono 234.478. Uno dei valori più bassi in Europa, ma destinato a crescere progressivamente nei prossimi mesi. Un cambio di paradigma che, negli obiettivi governativi, mira a ridurre drasticamente le emissioni provocate dai veicoli a combustione interna. L’obiettivo di salvaguardia ambientale, però, si scontra con due problematiche che, per molti versi, sono strettamente legate: lo smaltimento delle batterie giunte a fine vita e la carenza di materie prime. Al punto che, secondo uno studio condotto da Transport & Environment (T&E), le case automobilistiche che operano nel mercato europeo si sono assicurate meno di un quinto (16%) dei metalli chiave per la produzione di batterie di cui avranno bisogno da qui al 2030.
Tutto questo porta oggi a stimare che, in Italia, siano in uso non meno di 300mila tonnellate di batterie (l’equivalente del peso del Duomo di Milano) che, se messe una dietro l’altra, potrebbero creare una fila lunga 1.000 km. Il tutto aggravato dal fatto che, ogni anno, si vendono oltre 100m tonnellate di batterie.
Il riciclaggio? Oggi è un’esportazione illegale
Così, a fronte di materie prime insufficienti, centinaia di migliaia di batterie esauste (e contenenti materiali indispensabili per supportare a produzione) rischiano di finire stoccate in depositi, con le relative problematiche di inquinamento. Nel nostro Paese, infatti, non è presente nessun impianto di riciclaggio in grado di operare a livello industriale. Alcune inchieste hanno inoltre rivelato che, attualmente, gran parte delle batterie sono esportate illegalmente, verso Paesi del Far East. Tale pratica è purtroppo utilizzata anche da brand conosciuti, che spesso fingono di inviare le batterie in “riparazione” nei loro centri per evitare le complesse pratiche burocratiche necessarie per i permessi di esportazione.
Trenta milioni per riciclare le batterie
Un limite che, però, verrà superato dal prossimo anno, quando entreranno in funzione i due futuristici impianti realizzate dal gruppo Seval in Lombardia e in Basilicata. Infatti, sono già iniziati i lavori per la creazione delle linee di riciclaggio che, a regime, saranno in grado di trattare quasi 30.000 tonnellate di batterie agli ioni di litio ogni anno, rispondendo così alle esigenze di smaltimento dell’intero territorio italiano.
Un progetto che ha richiesto uno sforzo economico enorme, come sottolinea Roberto Ardenghi, amministratore unico di Seval Srl: “E’ il più grande investimento di sempre per Seval e Riplastic (le due aziende del gruppo, ndr), che affronteranno insieme questa grande sfida. Il nostro obiettivo è diventare il punto di riferimento nazionale per il riciclo delle batterie per recuperare e mantenere nel nostro paese le importanti e rare materie prime critiche di cui le nostre industrie hanno sempre più necessità per restare competitivi”.
I dettagli della tecnologia scelta sono ovviamente coperti dal più stretto riserbo. Ma i responsabili tecnici delle due aziende, che già rappresentano il punto di riferimento italiano nel riciclaggio dei Raee, ammettono che il progetto sarà operativo a breve, al termine di due anni di progettazione e di analisi delle più innovative tecnologie di mercato. Insieme a Duesenfeld GmbH, infatti, è stato possibile adottare una tecnologia proprietaria che permette di operare nella più assoluta sicurezza, con emissioni molto al di sotto delle più stringenti soglie, producendo una polvere catodica con ottimo livello di purezza, ricca di nichel, cobalto e litio, nonché metalli nobili come alluminio, rame, ferro.
Il tutto nel rispetto dei limiti imposti dal nuovo Regolamento Europeo 2023/1542. Questo la tecnologia sviluppata da Duesenfeld ha il grande vantaggio di rimuove fisicamente le sostanze tossiche durante il trattamento delle pile.
L’energia residua? Viene recuperata
Una delle caratteristiche più originali dei nuovi impianti riguarda il recupero dell’energia residua. Infatti le batterie di un’auto, quando vengono smaltite, non sono mai completamente scariche. Questa condizione rappresenta un grave rischio, in quanto proprio la carica residua può innescare il rischio di un corto circuito, a sua volta causa di incendio. La soluzione, apparentemente banale, ma industrialmente delicata è quella di scaricare immediatamente le batterie che entrano nell’impianto. Un’operazione che, oltre a garantire la sicurezza, metterà a disposizione di Seval un’energia compresa tra il 30 ed il 50% di quella necessaria al funzionamento dell’intero impianto.
L’Italia è in ritardo, ma sarà all’avanguardia
Alfredo Ardenghi, presidente di Riplastic SpA, sottolinea che “il nostro paese è in ritardo nella costruzione dell’infrastruttura di riciclo di questi materiali e rischia di perdere competitività. Grazie alla nostra attività contribuiremo a dare slancio al mercato della mobilità elettrica e dell’accumulo e al contempo realizzare concretamente l’economia circolare”.
Un’opinione condivisa da Gianluca Imbrogno, amministratore delegato di Riplastic: “l’iniziativa consente la creazione di molti nuovi posti di lavoro. Oggi la quasi totalità delle batterie agli ioni di litio viene esportata verso impianti esteri, talvolta anche fuori dall’Unione Europea. Con questi impianti riportiamo nel nostro paese, e in particolare nel sud Italia, una parte importante e strategica della catena del valore, garantendo la crescita di occupazione e delle competenze”.
Grazie a questo investimento, quindi, nei prossimi mesi in Italia entreranno in funzione due impianti in grado di dare nuova vita ai materiali necessari alla produzione di batterie. Superando così i problemi ambientali e di materie prime che rischiano di rallentare la diffusione delle auto elettriche nel nostro Paese.