La digitalizzazione delle reti e le tecnologie più all’avanguardia contro le perdite idriche sono stati i temi al centro delle tre giornate della manifestazione dedicata al sistema idrico ACCADUEO, organizzata da BolognaFiere Water&Energy dall’11 al 13 ottobre. Tra gli approfondimenti, quelli della seconda giornata dell’evento, hanno messo in luce che la digitalizzazione può contribuire a una riduzione, fino al 30%, del livello di perdite e dei consumi energetici per il funzionamento del sistema idrico.
In Italia vengono prelevati 30,4 miliardi di metri cubi di acqua all’anno dai principali comparti d’uso. Di questi, il 31% è per l’uso civile, il 56% per l’irrigazione, il 13% per i processi produttivi manifatturieri.
La giornata, che ha visto la partecipazione di speaker nazionali ed internazionali di provata esperienza, ha inteso favorire la condivisione delle conoscenze e l’adozione di innovazioni per migliorare l’efficienza dei sistemi idrici. Sono stati presentati casi studio di successo nell’applicazione delle best practice per la riduzione delle perdite e la sostituzione strategica delle reti, con esperti da Olanda, Regno Unito, Danimarca, Taiwan, Medio Oriente, Italia e Spagna. Tra gli altri, ha portato il suo contributo anche Rosario Mazzola, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, che ha sottolineato l’importanza e la volontà di supportare con strumenti finanziari e tariffari l’efficientamento del servizio idrico, ravvisando la necessità di affinare meccanismi premiali per i gestori efficienti.
Una opportunità per ridurre le perdite nei nostri acquedotti
“Ci troviamo di fronte a una grande opportunità offerta dal Recovery Plan di migliorare l’efficienza e ridurre le perdite nei nostri acquedotti e questa opportunità può essere colta a pieno grazie alla digitalizzazione delle reti. Quest’ultima ci consente di migliorare le performance del servizio idrico e questo è particolarmente importante per gestire sia la crisi energetica che stiamo vivendo sia la scarsa disponibilità di acqua. In uno scenario di cambiamento climatico, non possiamo più accettare livelli di inefficienza che storicamente hanno afflitto la gestione dei nostri sistemi idrici”, ha commentato Marco Fantozzi, Managing Director per l’Italia Isle Utilities, che ha curato due convegni sul tema.
Durante la giornata sono state messe a confronto esperienze internazionali e dell’innovazione a supporto dei gestori italiani nell’implementazione del PNRR. Si è parlato anche dei vari usi dell’acqua, con un focus particolare sui sistemi produttivi manifatturieri i quali sono strettamente connessi alle infrastrutture, alla disponibilità di acqua nel territorio e al tipo di attività produttiva. Le imprese hanno ribadito la loro forte volontà di investire nello sviluppo di nuove tecnologie e pratiche di gestione che abbiano come obiettivo la riduzione dei prelievi di acqua, ottenuta ad esempio tramite il riuso delle acque reflue.
In favore di una gestione sostenibile della risorsa idrica
Altro tema toccato è stata l’importanza dei dati per una gestione sostenibile della risorsa idrica. “È sempre più importante avere informazioni su quelli che sono gli utilizzi e i prelievi di acqua sul territorio. Sicuramente le condizioni ambientali stanno cambiando e cambieranno, quindi questo porterà anche un cambiamento nell’utilizzo della risorsa e dei processi. Di conseguenza è importante avere informazioni sul territorio attraverso un’analisi capillare con l’ausilio di reti informative che ci permettano di assumere delle informazioni specifiche”, ha spiegato Stefano Tersigni, Istat della Direzione centrale per l’analisi e la valorizzazione nell’area delle statistiche sociali e demografiche e per i fabbisogni informativi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – PNRR.
Le nuove tecnologie green del sistema idrico
Per quanto riguarda infine le nuove tecnologie, il convegno ha parlato del ruolo che le tecnologie NO DIG, o trenchless technology, ricoprono nella riduzione delle perdite idriche delle reti acquedottistiche. Queste permettono di effettuare la posa e il risanamento delle infrastrutture interrate riducendo al minimo, o eliminando del tutto, lo scavo a cielo aperto. Trattandosi di tecnologie a basso impatto ambientale, le NO DIG consentono il rispetto dei canoni di sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Minimizzando o annullando lo scavo a cielo aperto, si riducono infatti, di conseguenza, il materiale movimentato, le emissioni di CO2, i blocchi alla circolazione e il costo economico ed energetico dei cantieri.
“Le tecnologie NO DIG sono a basso impatto ambientale e riducono drasticamente le emissioni di CO2 e di altre polveri sottili e sostanze inquinanti perché si elimina o si riduce sensibilmente lo scavo rispetto alle tecnologie tradizionali quindi non c’è movimentazione di cantiere, non c’è materiale che va in discarica né dalle cave materiale che entra all’interno delle città per ricoprire gli scavi. Inoltre sono minori i macchinari che intervengono sui cantieri quindi c’è minore consumo i combustibili fossili”, ha concluso Paolo Trombetti, presidente IATT.