Presentiamo il quadro che emerge dall’indagine “Gli Italiani, la sostenibilità e le imprese” (effettuata su un campione di 1.000 italiani maggiori di 18 anni), commissionata da FpS e presentata in occasione del lancio del progetto Sustrain, agenzia specializzata nel rispondere a ogni necessità aziendale durante il percorso di transizione sostenibile.
È ormai un dato acquisito: il peso della transizione energetica ricade sulle aziende, non sui singoli individui. Ottimizzazione delle emissioni e dell’impatto Co2 per sedi, impianti e ciclo produttivo, nonché per le infrastrutture digitali, come siti web, sensori e server. Queste sono per gli italiani le attività principali di cui un’impresa dovrebbe farsi carico per dimostrare un vero impegno ambientale. Azioni che, infatti, ricevono il 71% delle preferenze quando si parla di quali comportamenti le imprese dovrebbero intraprendere per essere veramente sostenibili e che porterebbero all’azienda non solo un vantaggio d’immagine ma anche un tangibile ritorno economico. Un cambiamento che deve passare dalla formazione dei manager e dei vertici aziendali (non solo dei dipendenti) sulle tematiche di sostenibilità.
Riduzione emissioni CO2, principale preoccupazione degli italiani
Dai dati dell’indagine si osserva come la Co2 – e la riduzione del suo impatto sull’ambiente – sia appunto l’argomento principe per gli italiani quando si parla di impegno ambientale aziendale (71% preferenze). A cui si aggiunge quello sociale (55%), ovvero l’introduzione di piani di welfare per lavoratori e famigliari e progetti importanti per la comunità e il territorio in cui l’azienda opera. Lo sforzo di transizione sarà premiato: l’84% degli intervistati dichiara che sarebbe disposto a pagare di più rispetto alla media per una tipologia di prodotto realmente più sostenibile rispetto ai concorrenti.
“Questi dati confermano un trend nato negli anni post Covid – commenta Gianluca Schinaia, Head of Sustainability di Sustrain – ovvero la crescita dell’attenzione dei consumatori italiani alla qualità e al valore sociale di un servizio o un prodotto. La sostenibilità non è più, infatti, un ‘nice to have’, ma una caratteristica intrinseca di un prodotto. Oggi sostenibilità significa qualità sul mercato: sia del prodotto che dell’azienda che lo propone. E questo processo culturale si accompagna all’obbligo normativo sempre più stringente innescato dalle ultime direttive europee. Per rimanere competitivi, insomma, è tempo di diventare sostenibili”.
Impegno sostenibilità si riflette sul lato commerciale dell’impresa
Per gli italiani la scelta di acquistare prodotti di marche considerate sostenibili conta nell’89% dei casi. Di questi il 17% ha preferenza assoluta per brand sostenibili, che diventa 20% nei giovani e 21% in coppie genitoriali. Nel 33% dei casi le marche sostenibili sono valutate a parità di prezzo e nel 39% è valutata la sostenibilità insieme a qualità e prezzo. In particolare è soprattutto negli alimentari freschi che gli italiani sono disposti a spendere di più (62%), seguiti da infrastrutture domestiche, come riscaldamento, condizionamento, infissi, ecc. (36%), prodotti per la salute (35%) e prodotti per la casa (35%). Seguono più distanti abbigliamento (29%) e mezzi di trasporto – auto, moto, bici (25%). Nota dolente per il turismo, solo il 18% accetta di spendere cifre maggiori per effettuare viaggi sostenibili.
“Gli italiani, poi, sembrano essere consapevoli che per le imprese investire per essere sostenibili abbia un impatto positivo sui bilanci e sulla reputazione aziendale – commenta Lorenzo Bordoni, Business Developer di Sustrain – Il 96% ritiene che la sostenibilità abbia un ritorno d’immagine per l’impresa e per l’81% persino un guadagno a livello economico. Questi dati sembrano essere un segnale incoraggiante per le imprese decise a perseguire un percorso di innovazione economica, sociale e ambientale”.
Creare piani formativi aziendali
Idee chiare anche su come innescare un vero cambiamento e una piena consapevolezza dell’importanza delle tematiche ambientali nelle imprese: l’85% degli intervistati ritiene necessario creare piani formativi per manager e dirigenti, mentre la formazione per i dipendenti raccoglie solo il 15% delle preferenze. Il cambiamento, insomma, deve partire dall’alto. Piena coscienza anche sugli incentivi fiscali, anche se con diverse modalità. Se infatti il 41% è d’accordo sul fatto che sia necessario prevedere degli incentivi fiscali per sostenere i costi che le aziende devono affrontare per essere maggiormente sostenibili, un altro 39% considera l’incentivazione fiscale un fattore da considerare solo a patto che questa porti risultati rilevanti e misurabili.